Atene, sabato 28 dicembre 2019.- Provo stupore, ammirazione, brividi sulle pendici meridionali dell’Acropoli. Tappa obbligatoria: visita al teatro di Dioniso. Sì, è stato qui che furono rappresentate per la prima volta le tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide. Cito, o canto piuttosto, alcuni versi del primo stasimo dell‘Antigone di Sofocle:
πολλὰ τὰ δεινὰ κοὐδὲν ἀνθρώπου δεινότερον πέλει.
τοῦτο καὶ πολιοῦ πέραν πόντου χειμερίῳ νότῳ
χωρεῖ, περιβρυχίοισιν
περῶν ὑπ᾽ οἴδμασιν.
Ascolto per un po‘ l’eco della propria voce, i riverberi di quasi tre milleni di storia umana… Poi cade il silenzio. Si respira un’aria falsamente fiduciosa in quello stasimo, mi pare. Dietro questo rigore, quest’iperbolico slancio dell’uomo che vuole vedersi padrone assoluto della terra si nasconde il dissidio totale tra gli esseri umani, l’assenza di riconciliazione tra le figure della tragedia, essendo Creonte ed Antigone in primis irrimediabilmente intrecciati in un contrasto aspro, crudele, senza la minima possibilità di una risoluzione vivibile. Nessuna pace dopo tanta guerra!
Rientriamo in albergo sul tardi. Sul cellulare ricevo un messaggio dal Piemonte. Raffaella Romagnolo ha lasciato proprio oggi un post bellissimo sul suo blog che tratta il tema della riconciliazione, quella cosa che sembra impossibile in contesti come quello dell‘Antigone di Sofocle. Lo leggo subito:
RICONCILIAZIONE
Una cosa da tenere.
Berlino, giovedì 25 aprile, presentazione di Bella ciao, che è la versione tedesca del mio Destino. Ripeto: 25 aprile, Berlino, Bella ciao. Coincidenze che, in un romanzo, sarebbero effettacci da quattro soldi, roba che un editor segnerebbe con la matita rossoblù, ma la vita se ne infischia della Letteratura.La sala è piena. Traduzione simultanea, calici di vino rosso, pile di libri. Per loro è un giovedì sera qualunque, la settimana lavorativa quasi finita, un po’ di svago intelligente. Per me è il 25 aprile. Così racconto della Benedicta. Ha il suo bello spazio, nel romanzo. «Il più grande eccidio di partigiani della storia italiana» dico. Entro nei dettagli. Immagino che la traduzione simultanea spari nelle orecchie dei presenti parole come rastrellamento e fossa comune. Intanto io penso Berlino e 25 aprile. Mi trema la voce, ma vado avanti.
Alla fine della serata si avvicina un uomo. Intorno ai cinquanta, suppergiù la mia età. «A mio padre sarebbe piaciuto questo incontro» dice. Capisco che il padre è morto. «Era un soldato della Wehrmacht» aggiunge, e io sento tutto il coraggio che gli ci vuole, in un giovedì sera di fine aprile, profumo di fiori e l’aria tiepida di un’estate che arriva anzitempo, per prendere la vita di suo padre e depositarla nelle mani di un’estranea. «Voleva la riconciliazione» conclude. Ha un bell’italiano, dice proprio così: riconciliazione. Pace, dopo tanta guerra. Quella parola me la porto dietro, me la tengo stretta.
https://raffaellaromagnolo.wordpress.com/2019/12/28/riconciliazione/
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